Outlast 2: recensione





Outlast 2: la recensione di GeekerThings


Tra tutti i vari gameplay di youtuber, italiani e stranieri, articoli, recensioni, scandali sollevati, Outlast 2 è sicuramente un gioco che fa parlare di sé. Anche noi lo abbiamo giocato, e possiamo dirvi che la sua fama, per un verso o per l'altro, è meritata. Potreste trovare, nella recensione, spoiler più o meno gravi: se non volete rovinarvi il gioco, casomai non lo aveste ancora provato, visto giocare o non ne aveste letto la trama, vi consideriamo avvertiti.

Le aspettative del fandom di Outlast per il nuovo capitolo erano altissime. D'altronde, il gioco aveva fatto discutere ancora prima dell'uscita ufficiale: infatti, l'Australia si era rifiutata di catalogarlo per scene di eccessiva violenza, e sessualità esplicita. Beh, se ci rinfreschiamo un attimo la memoria, nel primo Outlast e nel DLC avevamo visto mutilazioni, cannibalismo, necrofilia, torture... Se Outlast 2 poteva essere ancora peggio di quello, gli appassionati del genere non potevano che emozionarsi di fronte all'aspettativa di qualcosa di ancora più orribile. E sono stati delusi... almeno in parte.


La trama


In Outlast 2 impersoniamo Blake Langermann, un reporter in viaggio verso il deserto dell'Arizona, insieme alla moglie Lynn, per indagare sul misterioso ritrovamento di una giovane donna incinta, morta strangolata. Colpo di scena, l'elicottero su cui viaggiano va in avaria dopo uno strano lampo di luce bianca, e precipita. Blake, Lynn e presumibilmente anche il pilota sopravvivono all'impatto, ma non sono atterrati in un resort pieno di indigeni accoglienti: una delle prime cose che la videocamera di Blake, che fa il suo ritorno in Outlast 2 con l'inquietante visione notturna, riprende è proprio il pilota, appeso ad un albero, scuoiato vivo. Presto Blake si renderà conto di trovarsi in un villaggio che brulica di pazzi invasati con una visione distorta del cattolicesimo, guidati dal Nuovo Ezechiele Sullivan Knoth, che prima violenta le donne e poi ne uccide i bambini, convinto che siano la personificazione dell'anticristo. Manco a dirsi, prendono Lynn come prigioniera, convinta che sia incinta di Satana, e la nostra missione, nel gioco, è ritrovarla e sottrarla prima da chi vuole ucciderla, e poi dai fedeli del Demonio, che invece vogliono che il bambino nasca... bambino che, presumibilmente, non esiste. Ma sono pazzi, no? Ecco... la trama sembra promettere bene. Il gioco, inoltre, si ispira ad un fatto realmente accaduto, il massacro di Jonestown. In quella città si seguiva un culto particolare, e infine la maggior parte degli abitanti morì, in quello che fu il più grande suicidio di massa della storia, e che viene rappresentato in modo disturbante nel finale del gioco.


Il confronto con Outlast ed Outlast: Whistleblower

L'ambientazione

Giocammo il primo capitolo due anni dopo l'uscita, addirittura dopo aver visto i gameplay, per cui l'effetto sorpresa era ridotto a zero. Eppure, Outlast era riuscito comunque a spaventarci... E come poteva essere altrimenti? L'ambientazione, le condizioni di scarsa luminosità, e nemici della portata di Chris, il dottore, i gemelli, il cannibale, Gluskin, e per ultimo il Walrider, contro i quali non potevamo nulla se non fuggire, tenevano il giocatore in uno stato di ansia perenne, rendendolo estremamente sensibile anche a jumpscares prevedibili e di bassa qualità. Consideriamo Outlast come un horror che, più che colpire a livello psicologico, vuole creare shock improvvisi, emozioni forti ma temporanee. Però, ci riusciva molto bene. L'innovazione, in questo survival horror, stava nel non potersi difendere in alcun modo. Avevamo il terrore di finire le batterie, di aprire una porta ed udire la theme song di uno dei cattivi. In ultimo, i documenti sparsi per il manicomio erano davvero ben fatti e distribuiti, e anche la storia era ben strutturata e coinvolgente. Di conseguenza, i difetti nel gameplay non ci erano pesati più di tanto. Sì, perché il jumpscare funziona (una sola volta), la sensazione di impotenza ci lascia con l'ansia di morire ad ogni passo... però, alla fine, morto una volta, morto due, ci si abitua, e anche se non si riesce a superare il pezzo ciò che rimane, alla fine, più che l'ansia di essere presi, è la frustrazione. Ma gli stretti corridoi poco illuminati, i vicoli ciechi, le stanze buie, facevano prevalere la paura sull'arrabbiatura.
In Outlast, i pezzi che avevamo trovato in assoluto peggiori erano stati quelli nelle fogne e nel cortile esterno, dove gli spazi erano più aperti, e la visibilità con la visione notturna era molto ridotta. In entrambi i luoghi, come se ciò non bastasse, c'era il gigante Chris di pattuglia. Insomma, era stato un vero e proprio incubo. Così, quando giocando ad Outlast 2 abbiamo potuto constatare che la maggior parte del gameplay si svolgeva all'aperto, pensammo che sarebbe stato sfiancante. E in effetti, nei primi minuti di gioco l'ambiente open space creava non poche difficoltà, anche perché covava il primo incontro con un nemico dall'aria minacciosa quanto Chris, Marta, una signora altissima, scheletrica e pronta ad impalarci con una croce. Progredendo nel gioco, però, l'ambientazione più aperta inizia sorprendentemente a giocare a vantaggio del protagonista, e non viceversa. Per sfuggire ai nemici, la maggior parte delle volte basta fare uno sprint verso un punto lontano e indefinito, difficilmente ci troveremo di fronte a un vicolo cieco, non dobbiamo quasi mai tornare sui nostri passi per completare un puzzle e le vie di fuga sono diritte e lineari: presto gli inseguitori perderanno le nostre tracce. La meccanica del fuggi o muori, infatti, da un lato nasconde una pecca: non ci troviamo davvero mai obbligati a fronteggiare le nostre paure. Tuttavia, per lo meno, in Outlast il gioco costringeva a ripercorrere spesso le stesse aree per raccogliere oggetti, attivare generatori, risolvere enigmi, spesso obbligandoci a fuggire dai nemici, per poi ritornare loro incontro. Insomma, le fughe, in Outlast 2, non sono nulla a confronto di quando correvamo via nel manicomio, sperando di non trovarci di fronte una porta sbarrata, ci nascondevamo in un armadietto o sotto il letto sperando di non essere stati visti, tirando un sospiro di sollievo solo quando il pazzo di turno apriva l'armadietto sbagliato. Dopodiché dovevamo ricominciare la ricerca della via d'uscita, rischiando di trovarcelo davanti alla svolta successiva... Una tachicardia continua. In Outlast 2, salvo alcuni pezzi, manca questo aspetto, e di conseguenza è la frustrazione che prevale sulla paura.


Gli antagonisti


I cattivi di Outlast erano dei veri e propri stalker. Al di là dei pazzi generici, le figure menzionate erano davvero iconiche, una presenza costante in lunghe porzioni di gioco, specialmente Chris. Un altro aspetto che smorza un po' la tensione, in questo nuovo capitolo, è che nemici come Marta, o Val, fanno solo apparizioni sporadiche, e metà delle volte sono camei in cui non sono pericolose. Gli unici pezzi strutturati meglio, in questo senso, sono il territorio di Marta, dove effettivamente ci costringe a girare in tondo per seminarla, prima di poter scappare, e l'inseguimento con Val nelle miniere, dove ci troviamo in una caverna allagata che ricorda molto le fogne di Outlast. Tuttavia, ci sono solo due generatori da disattivare, e localizzarli è molto facile. E quell'ultimo pezzetto del gioco, è l'unico in cui dovremo combattere Val. Non lo nascondo, eravamo più che felici di non vedere le loro facce più spesso del necessario: ma, col senno di poi, erano personaggi da sviluppare meglio.

La trama a confronto


Passiamo ora alla trama. Di nuovo, paragonata ad Outlast sembra avere qualche mancanza. Sebbene, infatti, anche la storia del primo capitolo fosse spesso enigmatica, e più incentrata sulla violenza che su altro, c'era più linearità. In Outlast 2 non c'è alcun mistero da risolvere, per lo meno nella parte che si svolge in Arizona. Tutto quello che dobbiamo sapere è che siamo tra pazzi, diventati tali per colpa, presumibilmente, di nuovo della Murkoff, e dobbiamo salvare Lynn. Che, tra l'altro, alla fine partorisce, sebbene a inizio gioco non sembrasse incinta, lasciandoci col dubbio che Blake sia davvero uscito di testa. Però, è anche vero che questo gioco non ha bisogno di intrighi complessi per appassionare, e di conseguenza, pur puntando tutto sull'orripilante, tra violenze, infanticidi di massa e sangue, riesce nel suo obiettivo di farci immedesimare nel protagonista e non riuscire più a distinguere tra realtà ed allucinazioni.


Perché giocare ad Outlast 2?


Ma allora Outlast 2 non fa paura? La risposta è, fa paura, fa ansia, fa disgusto, e tanto. Quanto detto sopra sono solo alcuni aspetti che smorzano un po' il potenziale di questo gioco. Ma sono difetti marginali, a fronte di una marea di pregi che vi faranno appassionare. Arriverà un punto nel gioco, in cui sarete mentalmente frustrati quanto il vostro protagonista, e il vostro unico pensiero sarà basta, fate che finisca presto.


La scuola cattolica


La parte più riuscita di Outlast 2, è, secondo noi, la sidestory ambientata nella vecchia scuola di Blake. Non solo ritroviamo, in quei lunghi corridoi a volte illuminati, a volte immersi nell'oscurità, l'atmosfera opprimente del manicomio labirintico del primo capitolo, ma il gioco qui riesce anche ad inquietare senza mostrare più del necessario.

Se escludiamo il corpo impiccato di Jessica, che appare praticamente in ogni allucinazione, almeno all'inizio non vediamo né violenza, né pericolo: eppure, chissà perché, quei corridoi illuminati dai neon instillano da subito una sensazione di terrore e di rifiuto, la sensazione che in quel posto si celi una minaccia ancora peggiore che i pazzi del villaggio. E infatti, il nostro antagonista più potente è proprio nella scuola.






Il demone Loutermilch


Ci vogliono un bel po' di visite perché appaia. All'inizio, vediamo solo un uomo semicalvo di spalle, poi incontriamo Jessica, e veniamo ricoperti da un fiume di sangue. Le scene all'interno della scuola si svolgono così per un po', con Blake che insegue Jessica risolvendo piccoli puzzle riguardati il suo suicidio, e per parecchio tempo non succede nulla di pericoloso. L'ambientazione, però, la bambina che sbuca fuori all'improvviso, alternando avvertimenti sussurrati (We're not alone here) ad altri strillati (He's coming!), impediscono al nostro cuore di rallentare. Il gioco fa crescere l'ansia e l'attesa, perché sappiamo che deve arrivare qualcosa di brutto (se no, non sarebbe un horror), e proprio quando iniziamo a considerare la scuola un posto sicuro, una pausa dagli invasati decisi a mozzarci la testa, il mostro appare. Prima, ne vediamo l'ombra, che, tra l'altro, ci schizza addosso in vari momenti, all'improvviso, facendoci saltare dalla sedia, e poi lo incontriamo, con il primo jumpscare tutto suo. Comincerà, a quel punto, ad inseguirci durante le nostre future esplorazioni, nonché ad attaccarci quando ci troviamo nell'acqua, e a trascinarci all'interno delle visioni. La cura dei dettagli, per questo personaggio, è impressionante: ha molte mani, una lingua lunga e viscida che esce da una bocca scarnificata e due penetranti occhi verde spettrale. Perché questo aspetto? Tutto torna. Infatti, il mostro, come si scopre alla fine, è la personificazione dell'uomo che abbiamo visto all'inizio: padre Loutermilch (si vede dai capelli, e dalla macchia che entrambi hanno sull'occhio), che, come si intuisce benissimo, ha molestato Jessica, causato la sua morte e finto il suo suicidio. Si sentono spesso i due cantare una canzone biblica, che vi rimarrà inquietantemente impressa:

Oh be careful little eyes what you see
Oh be careful little eyes what you see
There's a Father up above,
and He's looking down in love,
So be careful little eyes what you see.


Oh be careful little hands what you touch
Oh be careful little hands what you touch
There's a Father up above,
and He's looking down in love,
So be careful little hands what you touch.


Oh be careful little mouth what you say
Oh be careful little mouth what you say
There's a Father up above,
and He's looking down in love,
So be careful little mouth what you say.


Infatti, conoscendo la storia, diventa una pesante allusione alle violenze che subiva la bambina. Occhi che la guardano come non dovrebbero, mani e bocca che le fanno ciò che non dovrebbero mai fare. E Red Barrels fa una cosa semplice, ma potente: rappresenta il mostro proprio con due occhi penetranti, una lingua chilometrica e molteplici mani, una delle quali, come è stato notato, impegnata nell'atto di masturbarsi. Non avrebbero potuto rappresentarlo meglio. Come se il suo aspetto non bastasse, il mostro è anche incredibilmente forte e veloce, e spesso appare all'improvviso davanti a noi quando eravamo convinti di essercelo lasciato alle spalle. Da infarto, insomma.


Giudizio finale: 7.5/10


Per quanto riguarda la storia principale, sebbene a volte pecchi di qualche lieve mancanza, Outlast 2 riesce comunque a conquistare (e terrorizzare) il giocatore, anche con i dettagli, come la donna che canta la ninna nanna ai bambini morti, o la pioggia di sangue. Si tratta di un titolo disturbante, che vuole prendere ogni tabù immaginabile e rappresentarlo, e riuscirà a rimanervi nella testa per un po'.


Proprio per questa sua volontà di essere hardcore, i giocatori hanno criticato il presunto taglio della scena dell'orgia nelle miniere, criticata dall'Australia (sebbene Red Barrels sostenga che era già previsto che non fosse inclusa nel gioco completo) e di alcuni audio, che si riferirebbero esplicitamente allo stupro di Jessica. A noi basta dirvi che, per quanto la censura sia sbagliata, il gioco non aveva bisogno di quelle scene, soprattutto la seconda, che presumibilmente si sarebbe svolta nell'aula musica, con noi chiusi all'esterno. Quello che succede è già abbastanza esplicito così, e tutto sommato raccontato nel modo giusto, lasciando intuire ciò che può benissimo essere capito anche senza trovarselo davanti: una sorta di finezza narrativa. La scena delle miniere non era più sconvolgente di molte altre, presenti anche in Outlast, è vero. Ma non ne abbiamo sentito particolarmente la mancanza, e ciò di cui non si sente la mancanza, non è necessario. Il gioco di certo non ruotava intorno a quel singolo pezzo, e riesce a spaventare e disgustare più che abbastanza. Fidatevi.









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